Categorie
Attività

Formazione dei volontari

Il capitale umano. La difficile sfida del volontariato in Calabria
di Giuseppe Serio

La dignità è il valore dell’uomo che cresce soprattutto nel lavoro no profit finalizzato ai bisogni esistenziali degli ultimi a cui il volontario offre il suo protagonismo solidale; agire in tal senso, significa testimoniare i principi e le risorse della società solidale, contrapposta alla società globale che lascia ai margini della vita le persone deboli; chi è impegnato nell’organizzazione no profit sa che il suo gesto solidale può essere fruito, inter-scambiato e sostituito con un’altra risorsa parimenti adatta all’attività richiesta.

L’economia d’impresa solo in casi rari considera le risorse umane come capitale; infatti, si parla di goodwill, cioè, di maggior valore attribuito al patrimonio netto di un’impresa. Negli ultimi anni, si è riscontrato che il valore delle imprese si è modificato da elemento patrimoniale tangibile ad elemento intangibile; si è giunti ad una rivoluzione non percepibile, non cruenta, ma importante per ciò che concerne l’impiego o il reimpiego delle risorse umane. Bisogna, perciò, identificare le persone in termini di competenza per aprire una prospettiva ampia della motivazione che riguarda la competenza (che nel linguaggio comune, ha un duplice significato: diritto-dovere di conoscere una situazione, capacità di sapersene occupare in modo giusto). Naturalmente, si fa distinzione tra la competenza professionale o abilità tecniche e competenza comportamentale che è suscettibile di tra-sformarsi da una situazione all’altra per essere applicata in contesti professionali diversi .

La dignità umana è un capitale prezioso nel mondo dove le risorse economiche sono l’unico motore dello sviluppo sostenibile; essa implica che l’accesso al lavoro o al mercato sia dato a tutti e che i frutti siano una ricchezza condivisa da tutti in modo che ognuno viva il presente in prospettiva del futuro costruito dalla persona che è l’unico motore dello sviluppo. Agli inizi degli anni ’90, Chiara Lubich ha proposto l’Economia di comunione chiedendo all’ impresa di occuparsi anche delle povertà presenti nel territorio in cui si trova ad operare. A distanza di poco più di un trentennio, tale Economia, grazie all’impegno del Movimento dei focolari, ha già coinvolto 1100 imprese. Il Movimento è già un arcipelago di idee per il lavoro e ha già realizzato buoni risultati nella provincia di Trento. Lo spirito di carità è l’esperienza politica concepita come forma alta e nobile di servizio politico alle persone (che ricevono delle imprese indumenti e cibo considerati elementi di base della fraternità propria del Movimento nato nella chiesa cattolica di Trento). L’Economia di comunione è un valore perché rende il diritto al lavoro più vicino a chi ha bisogno di cibo, vestiti, casa dove poter abitare.
E allora, quale economia ci rende felici? Secondo R. Wright, l’economia non può mai essere disgiunta dai valori e, se non è solidale, il frutto continuerà a separare i ricchi dai poveri generando conflittualità tra i popoli o alimentare odio tra razze. L’ordine socio-economico deve fondarsi sulla poliarchia, intesa come risorsa. Per esempio, l’amicizia -dono di Dio- costruisce il bene relazionale, diverso da quello posizionale: automobile, cellulare, villa ecc. che implicano la competizione.
Il consumismo è il fenomeno della competizione posizionale o consumo senza regole. “Molti dei piaceri della vita non hanno prezzo, non sono in vendita, non passano attraverso il mercato” ; il modello del supermarket, fondato sul consumismo sregolato, non assicura la felicità a chi vive come uno sbandato, senza una meta, soprattutto, senza fede in Dio. I santi, ce lo ricorda papa Francesco, hanno scoperto l’autentica felicità che dimora nell’interiorità dell’uomo, sorgente senza misura dell’amore di Dio.
Nel mondo, ora, ci sono più ricchi che in passato ma che non sono felici perché non cercano Dio e che non si può acquistare al mercato, in quanto l’economia non negozia il bene dell’amicizia. La globalizzazione divide il genere umano in benestanti e impoveriti perché il profitto non rispetta i ritmi delle risorse spirituali né quelli delle risorse culturali (che alcuni considerano la terza fase della rivoluzione post-industriale). Gli scettici poi considerano il potere dell’Economia come un fenomeno dell’internazionalizzazione del capitale dove il valore che conta è la moneta, non l’uomo e la sua creatività. Il piacere s’identifica con i beni materiali, l’efficacia con la giustizia e lo scetticismo con la libertà.
L’educazione promuove loto sviluppo dell’intelligenza, non la competizione. La sperequazione tra ricchi e poveri sta crescendo in modo preoccupante; un alto funzionario degli USA, nel secolo scorso, guadagnava uno stipendio 48 volte maggiore di quello di un operaio ed oggi, invece, ne percepisce uno che è 49 volte maggiore! Nel 1980 gli USA producevano una ricchezza pari a 1.100 bilioni di dollari, fruita soltanto dal 5% delle famiglie ecc. Il capitalismo ha vinto su tutto e tutti. Allora, cosa bisogna fare per invertire la a marcia? Bisogna promuovere la fede in Dio o una fede pur che sia e testimoniarla. La testimonianza è necessaria anche in politica per fare da contrappeso allo strapotere della New economy.
Il mercato è più forte dello stato? Epulone domina il mondo che è popolato da pochi ricchi e da tantissimi Lazzaro. Penso che sia proprio lui che impone il super-market, diverso dalla società solidale che contrasta l’indifferenza e promuove il rispetto per l’uomo; credo che abbia ragione Alex Zanotelli quando dice di non avercela con la globalizzazione, ma con chi “permette a pochi di vivere da nababbi a spese dei morti di fame” .

La dignità umana è un capitale prezioso nel mondo dove le risorse economiche sono l’unico motore dello sviluppo sostenibile; essa implica che l’accesso al lavoro o al mercato sia dato a tutti e che i frutti siano una ricchezza condivisa da tutti in modo che ognuno viva il presente in prospettiva del futuro costruito dalla persona che è l’unico motore dello sviluppo. Agli inizi degli anni ’90, Chiara Lubich ha proposto l’Economia di comunione chiedendo all’ impresa di occuparsi anche delle povertà presenti nel territorio in cui si trova ad operare. A distanza di poco più di un trentennio, tale Economia, grazie all’impegno del Movimento dei focolari, ha già coinvolto 1100 imprese. Il Movimento è già un arcipelago di idee per il lavoro e ha già realizzato buoni risultati nella provincia di Trento. Lo spirito di carità è l’esperienza politica concepita come forma alta e nobile di servizio politico alle persone (che ricevono delle imprese indumenti e cibo considerati elementi di base della fraternità propria del Movimento nato nella chiesa cattolica di Trento). L’Economia di comunione è un valore perché rende il diritto al lavoro più vicino a chi ha bisogno di cibo, vestiti, casa dove poter abitare.
E allora, quale economia ci rende felici? Secondo R. Wright, l’economia non può mai essere disgiunta dai valori e, se non è solidale, il frutto continuerà a separare i ricchi dai poveri generando conflittualità tra i popoli o alimentare odio tra razze. L’ordine socio-economico deve fondarsi sulla poliarchia, intesa come risorsa. Per esempio, l’amicizia – dono di Dio – costruisce il bene relazionale, diverso da quello posizionale: automobile, cellulare, villa ecc. che implicano la competizione.
Il consumismo è il fenomeno della competizione posizionale o consumo senza regole. “Molti dei piaceri della vita non hanno prezzo, non sono in vendita, non passano attraverso il mercato” ; il modello del supermarket, fondato sul consumismo sregolato, non assicura la felicità a chi vive come uno sbandato, senza una meta, soprattutto, senza fede in Dio. I santi, ce lo ricorda papa Francesco, hanno scoperto l’autentica felicità che dimora nell’interiorità dell’uomo, sorgente senza misura dell’amore di Dio.
Nel mondo, ora, ci sono più ricchi che in passato ma che non sono felici perché non cercano Dio e che non si può acquistare al mercato, in quanto l’economia non negozia il bene dell’amicizia. La globalizzazione divide il genere umano in benestanti e impoveriti perché il profitto non rispetta i ritmi delle risorse spirituali né quelli delle risorse culturali (che alcuni considerano la terza fase della rivoluzione post-industriale). Gli scettici poi considerano il potere dell’Economia come un fenomeno dell’internazionalizzazione del capitale dove il valore che conta è la moneta, non l’uomo e la sua creatività. Il piacere s’identifica con i beni materiali, l’efficacia con la giustizia e lo scetticismo con la libertà.
L’educazione promuove loto sviluppo dell’intelligenza, non la competizione. La sperequazione tra ricchi e poveri sta crescendo in modo preoccupante; un alto funzionario degli USA, nel secolo scorso, guadagnava uno stipendio 48 volte maggiore di quello di un operaio ed oggi, invece, ne percepisce uno che è 49 volte maggiore! Nel 1980 gli USA producevano una ricchezza pari a 1.100 bilioni di dollari, fruita soltanto dal 5% delle famiglie ecc. Il capitalismo ha vinto su tutto e tutti. Allora, cosa bisogna fare per invertire la a marcia? Bisogna promuovere la fede in Dio o una fede pur che sia e testimoniarla. La testimonianza è necessaria anche in politica per fare da contrappeso allo strapotere della New economy.
Il mercato è più forte dello stato? Epulone domina il mondo che è popolato da pochi ricchi e da tantissimi Lazzaro. Penso che sia proprio lui che impone il super-market, diverso dalla società solidale che contrasta l’indifferenza e promuove il rispetto per l’uomo; credo che abbia ragione Alex Zanotelli quando dice di non avercela con la globalizzazione, ma con chi “permette a pochi di vivere da nababbi a spese dei morti di fame” .

Marcello Candia ha testimoniato la sua fede condividendo la sua vita con la i lebbrosi del Brasile; Alex Zanotelli l’ha testimoniata in Kenya; Giorgio La Pira, a Firenze dove è stato sindaco a servizio delle persone; una profuga albanese, -ora Santa Madre Teresa di Calcutta- l’ha testimoniata curando gli ammalati in India; la fede la si può testimoniare anche nella quotidianità della vita ordinaria, nei luoghi in cui ci troviamo a lavorare camminando nell’amore che non ci stanca, ma ci aiuta a vedere la trave nei nostri occhi e a pulire la pagliuzza in quelli degli ultimi del mondo globale che hanno fame e sete di giustizia e sono nudi, disoccupati… E’ difficile vedere il mondo se gli occhi non sono limpidi; è difficile scoprire chi cammina nelle vie spinose dove s’incontrano gli emarginati nascosti dall’indifferenza e dall’egoismo. Perciò, è meglio tagliare dalla spesa pubblica l’effimero, sbloccare i salari più bassi e spendere di più nell’istruzione e nella salute promovendo il lavoro per i meno abbienti.

La Politica deve inventarsi un modello socio-economico che consenta a tutti di lavorare, crescere nella cultura e sconfiggere le povertà educative; basterebbe sospendere per un lustro le guerre in atto per cancellare la piaga delle povertà. La pace esige istituzioni di pace per rendere credibile il ripudio della guerra che non è lo strumento che risolve i conflitti tra i popoli. “La teoria economica rimane estranea al giudizio etico, limitandosi a valutare le situazioni in base all’efficienza economica” .
Il termine profit indica la remunerazione dell’imprenditore responsabile che valorizzare al meglio le risorse rispetto ai bisogni; ma se tale responsabilità si trasforma in potere per migliorare al massimo il vantaggio economico dell’imprenditore le risorse del capitale umano diventano inutili; se il non profit è esercitato con motivazioni ideali, l’aspetto economico è funzionale alla realiz-zazione della missione sociale; l’analisi della motivazione che ispira una persona ad agire senza profit è il punto di partenza che indica l’obbiettivo dell’agire per fini solidali; l’appartenenza alla organizzazione non profit è la relazione di scambio con cui chi vi partecipa trae soddisfazione dal proprio operare, appaga la propensione a donare agendo in comunione.
Il significato dell’azione no profit è valutato alla luce di tre categorie: altruismo, reciprocità e scambio simbolico. Le Organizzazioni di volontariato non possono in alcun caso distribuire i profitti ai loro aderenti; il Dipartimento degli Affari Sociali stabilisce che “le organizzazioni di volontariato, in virtù della peculiaredo capacità di mettere a fuoco le consapevolezze e le aspettative che via via emergono dalla società civile, rappresentano l’anima del terzo settore” . Quali sono, allora, le possibilità che arrivano dall’Europa per i giovani? Come mai, nell’universo delle nuove professioni, vi è ancora la tendenza ad migrare verso il Nord del Paese o verso gli stati europei? Alle domande rispondo alla luce dei dati recenti della sociologia culturale; per capire ciò necessita delineare anche il quadro socio-economico del Mezzogiorno passando per il mercato del lavoro e dalla qualità della formazione offerta che tiene in conto la realtà in cui i giovani si trovano a vivere. La realtà culturale presenta un aspetto talvolta avverso alla modernità e all’investimento delle risorse del capitale umano che, preferisco anticiparlo, causa i divari dello sviluppo del Mezzogiorno.

Credo -per esempio- che la Calabria debba promuovere una società civile più giusta nei confronti della forza lavoro dei giovani affinché possa decollare a misura dei bisogni condivisi; penso che c’è bisogno di liberarsi dalla criminalità di pochi violenti per consentire a tutti di crescere nella cultura, unica opportunità per essere cittadini che rinunciano alla raccomandazione scegliendo le loro risorse! Il problema del sottosviluppo del Mezzogiorno, dal punto di vista del mercato del lavoro, riguarda le stime del lavoro nero; bisogna anche registrare che il progresso tecnologico ha comportato disoccupazione dato che il re-impiego dei lavoratori esclusi dal processo produttivo non può essere immediato . La disoccupazione resta su livelli bassi quando la congiuntura economica è favorevole: “in tali condizioni, il saggio di aumento della domanda, in ciascuno dei settori della economia, tende a coincidere col saggio di aumento della produttività del lavoro; tuttavia, quando l’offerta del lavoro cresce, qualunque sia il motivo, la disoccupazione non aumenta solo se la domanda cresce più della produttività. 
Il processo di sviluppo si regge sul fattore umano che, a sua volta, è prodotto mediante due meccanismi diversi; a) il sistema scolastico formativo (che in modo mirato e sistematico fornisce alle nuove generazioni i concetti necessari al loro inserimento nel processo produttivo); b) una sorta di «on the job training» (il fatto stesso di essere nati e vivere in una determinata società, promuove la cultura che abitua la mente alle tecnologie in uso e predispone il soggetto a lavorare secondo esigenze consone ai modi di produzione vigenti; ogni processo produttivo possiede dei modi di diffusione che vanno al di là delle istituzioni stesse ad opera delle quali il processo viene elaborato e insegnato. Per sua natura, il progresso economico si trasmette in modo automatico . 
La ‘ndrangheta ha ridotto la Calabria in uno stato di arretratezza economico-culturale pernicioso; sembra che la politica sia incapace d’impedire ai mafiosi di contrastare il camino verso la civiltà del lavoro. Il volontariato -perciò- è una sfida politica in senso etico in quanto dà valore alla persona e all’organizzazione del lavoro da cui dipende la qualità della vita. Purtroppo, l’ordine socio-economico nella regione non si fonda sulla poliarchia; per cui il volontariato resta la migliore azienda di risorse umane destinate a realizzare il bene comune e armonizzare il mondo sociale ed economico con la testimonianza e la fede nella democrazia. Chi osserva la realtà socio-economica calabrese, nell’ottica della coabitazione di persone diverse, scopre che i suoi problemi storici la condizionano proprio perché il mondo del lavoro è fondato sulla raccomandazione, non sulla competenza, non sulle potenzialità nascoste dei calabresi che sfuggono allo sguardo frettoloso della politica della regione che, dal punto di vista economico, è la cenerentola dell’Italia e dell’Europea.
La Calabria, l’ho già detto, è afflitta da gravi problemi storici (ndrangheta, clientelismo, raccomandazione); è ricca di beni naturali (patrimonio boschivo, sorgenti idriche, configurazione monti/mare, scogliere, piccole isole, condizioni climatiche ideali per l’agricoltura e il turismo). L’area archeologica/paesaggistica della Sila, dell’Aspromonte e del Pollino sono il potenziale sviluppo del turismo invernale; le risorse umane, l’altro polo di un patrimonio di saperi e arti, sono coronate dal dono dell’accoglienza verso le comunità degli Albanesi, Occitani, Bruzi e Grecanici. L’idea guida del suo sviluppo è la valorizzazione di tali risorse; per cui la politica del lasciar correre, dell’approssimazione, della improvvisazione e della raccomandazione sono inaccettabili … L’obbiettivo da perseguire è la tutela e la valorizzazione del patrimonio disponibile è di non disperdere le risorge giovanili -in fase di migrazione verso la Europa- per valorizzare la Calabria che è alle prese con la criticità economica e sociale. A tale aspetto negativo bisogna contrapporre i punti di forza non ancora valorizzati e che sono i percorsi di sviluppo su cui vale la pena puntare per abbattere l’isolamento, sia nei rapporti economici che in quelli socio-culturali.
La fragilità della struttura produttiva calabrese rappresenta la condizione sfavorevole per l’accesso al credito bancario oltre che per la diffusione dei servizi all’impresa. L’isolamento è il punto di debolezza da azzerare per promuovere in parallelo lo sviluppo etico-economico. Purtroppo, la criminalità è un costo elevato per l’economia perché deprime le attività delle imprese, depotenzia l’intraprendenza imprenditoriale e scoraggia gli investimenti.

La Calabria non è un deserto né un’area refrattaria alla crescita e alla modernizzazione economica. Imprese di successo stanno emergendo in questi anni e cominciano timidamente a differenziare la geografia produttiva regionale; si tratta di esperienze del volontariato, come a Locri, con il vescovo Bregantini, o a Lamezia, con don Giacomo Panizza, entrambi veneti che hanno adottato due aree in cui l’illegalismo fa da padrone distruggendo le iniziative sorte per contrastarlo coraggiosamente (nonostante il silenzio di certa politica lontana dall’etica).
La politica deve assolutamente impegnarsi a fare da contrappeso all’Economia globale; ri-prendersi il suo ruolo che consiste nel servire le persone in difficoltà, nel non assecondare solo il capitale finanziario permettendo che cresca per pochi invece che per tutti. Con parole semplici dico che l’economia non può né deve schiacciare i deboli per consentire ai fortunati (?) di avere molto di più, tanto di più, e negare finanche le briciole agli affamati. Insomma, la Politica deve avvicinare l’utopia agli impoveriti, cioè, della realtà in cui si trovano a vivere vicino a Lazzaro e ascoltare San Giovanni Paolo II che nel suo discorso ai membri dell’Accademia delle Scienze del 27.4.2001 disse con parole molto chiare che la ricchezza del pianeta deve essere al servizio d